di Massimo Gramellini, Il Corriere della sera, 7.4.2022 – Si può condannare una maestra a quasi due mesi di reclusione per avere sgridato dei bambini di quinta elementare che, dopo avere imbrattato le pareti dei bagni con le loro feci, avevano ignorato i rimbrotti della bidella con sovrano menefreghismo? Non riesco più nemmeno ad avercela coi genitori che hanno sporto denuncia. Ormai tutto quello che si poteva dire sul rimbambimento narcisistico della categoria è stato detto: basta che un figlio racconti di essere stato vittima di un sopruso perché certi padri e certe madri prendano per buona la sua versione e si scaglino contro l’educatore esterno che ha cercato di supplire alle loro carenze. Come se la condanna dell’insegnante servisse ad assolverli.

Sospendo il commento sul tribunale di Parma, anche se i polpastrelli mi prudono sulla tastiera (persino il PM aveva chiesto il proscioglimento). Me la prendo invece con il ministero dell’Istruzione che non ha sentito il dovere di contro-denunciare quei genitori per «culpa in educando».

Ammettiamo pure che, nella sua ramanzina, la maestra abbia usato toni troppo vivaci. Resta l’atteggiamento dei piccoli vandali. E queste sono cose che non si improvvisano. Richiedono un lungo allenamento casalingo e sparring-partner adulti che addestrino a coniugare vittimismo e strafottenza.
Dopo una decisione come questa, quale insegnante oserà ancora alzare la voce davanti alle malefatte dei suoi allievi? Trangugerà il rimprovero per quieto vivere e si andrà avanti così, maleducati e contenti.